Nei casi meno gravi piani di risanamento chiusi extra giudizio L’operazione di restyling che lo schema di legge delega sembra prefigurare per gli accordi di ristrutturazione li qualifica a tutti gli effetti quale istituto idoneo a costituire l’epilogo ideale del processo di composizione della crisi, avviato con la procedura di allerta.
I propositi del legislatore sono ben chiari: vincere le fisiologiche resistenze dell’imprenditore persino a riconoscere i sintomi di una malattia già conclamata, incentivandolo a favorire una tempestiva emersione della crisi attraverso meccanismi agili perché svincolati dalle farraginosità tipiche delle procedure concordatarie tradizionali, ma al contempo in grado di assicurare la necessaria protezione dalle iniziative dei singoli creditori.
Prospettare un percorso che possa svilupparsi in un contesto “non giudiziale”, enfatizzando la riservatezza, l’approccio adeguato e rapido e infine la dimensione negoziale della soluzione, assistita da misure di protezione, significa offrire uno strumento efficace e premiale all’imprenditore virtuoso che dimostri la lucidità di riconoscere per tempo le avvisaglie del problema e abbia l’onestà di attivarsi per risolverlo. Il tutto con l’assistenza degli interlocutori tipici dell’azienda: gli organi di controllo, gli advisor, i creditori qualificati.
L’assetto futuro della procedura di risanamento inizierebbe dall’attivazione dell’allerta, con l’adozione delle misure protettive previste dall’articolo 4, comma 1, lettera f) della delega, che in ambito stragiudiziale e riservato consentirebbe all’Organismo di composizione della crisi ed al gestore incaricato di assistere il debitore nella progettazione del piano di risanamento e di negoziare le migliori condizioni di soddisfacimento prospettabili con i creditori, le cui iniziative individuali sarebbero in ogni caso precluse.
In questo ambito, gli accordi di ristrutturazione dovrebbero diventare lo strumento naturale di fruttuosa composizione della crisi, consentendo all’imprenditore di affrancarsi dalle coercizioni delle minoranze, attraverso la modifica della soglia minima di aderenti e l’estensione degli effetti dell’articolo 182-septies della Legge fallimentare all’intera platea dei creditori, e limitando l’intervento del Tribunale alla gestione delle opposizioni ed alla successiva omologa. Nei casi di minor gravità, l’allerta potrebbe approdare ad un piano attestato di risanamento, completamente svincolato dal controllo giudiziario.
Viene quindi a delinearsi un quadro di tutele che, senza soluzione di continuità, sia in grado di accompagnare l’imprenditore dalla diagnosi della crisi fino all’omologazione degli accordi di ristrutturazione. Il tutto potrebbe avvenire preservando il patrimonio aziendale.
Del resto, che gli accordi di ristrutturazione rappresentino la conclusione più praticata di un cammino iniziato con l’emersione anticipata della crisi è circostanza percepita dallo stesso legislatore, il quale, nell’articolo 5 dello schema di delega, dedica ampio spazio alle modifiche cui andrà sottoposto tale istituto, mentre poco incide sui piani di risanamento, che pure figurano nell’intestazione della norma.
Perché, in definitiva, non sfugge la necessità di ricorrere a un presidio istituzionale qualificato. Ma l’auspicio è che questo presidio possa operare come un medico discreto e flessibile, capace di individuare la cura meno invasiva, al cui cospetto l’imprenditore responsabile senta di conservare la propria essenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Enrico Comparotto (il sole 24 ore del 8/6/2016
I propositi del legislatore sono ben chiari: vincere le fisiologiche resistenze dell’imprenditore persino a riconoscere i sintomi di una malattia già conclamata, incentivandolo a favorire una tempestiva emersione della crisi attraverso meccanismi agili perché svincolati dalle farraginosità tipiche delle procedure concordatarie tradizionali, ma al contempo in grado di assicurare la necessaria protezione dalle iniziative dei singoli creditori.
Prospettare un percorso che possa svilupparsi in un contesto “non giudiziale”, enfatizzando la riservatezza, l’approccio adeguato e rapido e infine la dimensione negoziale della soluzione, assistita da misure di protezione, significa offrire uno strumento efficace e premiale all’imprenditore virtuoso che dimostri la lucidità di riconoscere per tempo le avvisaglie del problema e abbia l’onestà di attivarsi per risolverlo. Il tutto con l’assistenza degli interlocutori tipici dell’azienda: gli organi di controllo, gli advisor, i creditori qualificati.
L’assetto futuro della procedura di risanamento inizierebbe dall’attivazione dell’allerta, con l’adozione delle misure protettive previste dall’articolo 4, comma 1, lettera f) della delega, che in ambito stragiudiziale e riservato consentirebbe all’Organismo di composizione della crisi ed al gestore incaricato di assistere il debitore nella progettazione del piano di risanamento e di negoziare le migliori condizioni di soddisfacimento prospettabili con i creditori, le cui iniziative individuali sarebbero in ogni caso precluse.
In questo ambito, gli accordi di ristrutturazione dovrebbero diventare lo strumento naturale di fruttuosa composizione della crisi, consentendo all’imprenditore di affrancarsi dalle coercizioni delle minoranze, attraverso la modifica della soglia minima di aderenti e l’estensione degli effetti dell’articolo 182-septies della Legge fallimentare all’intera platea dei creditori, e limitando l’intervento del Tribunale alla gestione delle opposizioni ed alla successiva omologa. Nei casi di minor gravità, l’allerta potrebbe approdare ad un piano attestato di risanamento, completamente svincolato dal controllo giudiziario.
Viene quindi a delinearsi un quadro di tutele che, senza soluzione di continuità, sia in grado di accompagnare l’imprenditore dalla diagnosi della crisi fino all’omologazione degli accordi di ristrutturazione. Il tutto potrebbe avvenire preservando il patrimonio aziendale.
Del resto, che gli accordi di ristrutturazione rappresentino la conclusione più praticata di un cammino iniziato con l’emersione anticipata della crisi è circostanza percepita dallo stesso legislatore, il quale, nell’articolo 5 dello schema di delega, dedica ampio spazio alle modifiche cui andrà sottoposto tale istituto, mentre poco incide sui piani di risanamento, che pure figurano nell’intestazione della norma.
Perché, in definitiva, non sfugge la necessità di ricorrere a un presidio istituzionale qualificato. Ma l’auspicio è che questo presidio possa operare come un medico discreto e flessibile, capace di individuare la cura meno invasiva, al cui cospetto l’imprenditore responsabile senta di conservare la propria essenza.
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Enrico Comparotto (il sole 24 ore del 8/6/2016