il sole24ore del 29.11.2016
Legge di bilancio. Il Ddl approvato alla Camera prevede la possibilità di pagare in modo parziale anche il tributo comunitario
Crisi aziendali, transazione sull’Iva
Va garantito un versamento pari al valore dei beni sui cui grava il privilegio a garanzia
Il disegno di legge di bilancio, approvato dalla Camera, prevede un restyling della transazione fiscale prevista dall’articolo 182-ter della legge fallimentare. L’intervento tende ad adeguare i caratteri dell’istituto ai principi di diritto comunitario, garantendo comunque agli uffici dell’amministrazione finanziaria la possibilità di «disporre dei tributi», anche armonizzati, nell’ambito delle procedure pre-concorsuali. Inoltre, si punta a rimodulare gli effetti della transazione fiscale sui contenziosi tributari dell’impresa debitrice.
Attraverso la transazione fiscale, le imprese che versano in uno stato di crisi possono presentare, unitamente alla domanda di concordato preventivo o nell’ambito di un piano di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare, una proposta indirizzata all’amministrazione finanziaria con la quale richiedono di essere ammesse ad un pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari.
Riformando l’istituto e aderendo alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza comunitaria, il Ddl prevede, in primo luogo, la possibilità di inserire tra i debiti per tributi oggetto della transazione fiscale, e quindi eventualmente soggetti a pagamento parziale, anche i debiti verso l’erario per l’Iva (facoltà non prevista nell’attuale versione dell’articolo 182-ter della legge fallimentare), per la quale viene perciò meno il principio dell’indisponibilità del credito tributario.
La Corte di giustizia con la sentenza del 7 aprile 2016, resa nella causa C-546/14 (sentenza Degano Traporti Sas), ha ritenuto che la disciplina italiana della transazione fiscale, nell’eventualità in cui comporti una soddisfazione parziale dei crediti erariali relativi all’Iva, non sia contraria ai principi comunitari che regolano il tributo se, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, emerge che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso del fallimento del debitore.
In tal senso, la giurisprudenza comunitaria aveva superato le posizioni della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sezioni I civile, sentenza, 25 giugno 2014, n. 14447) che, al contrario, avevano escluso la possibilità di falcidiare i crediti Iva nell’ambito di procedure pre-concorsuali o negoziali di natura prefallimentare.
Coerentemente a tali principi, il testo del Ddl di bilancio, introducendo la possibilità di inserire l’Iva tra i tributi oggetto di transazione fiscale, ha contestualmente previsto l’obbligo da parte del debitore di depositare, insieme con la proposta di concordato o nell’ambito delle trattative che precedono la conclusione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare, una relazione redatta da un professionista abilitato (revisore dei conti, commercialista eccetera) da cui risulti che la soddisfazione del credito erariale proposta dal debitore, nel caso in cui i crediti erariali abbiano natura privilegiata, non sia inferiore al valore di mercato dei beni gravati dal privilegio. In sintesi, quindi, pur essendo possibile prevedere il pagamento parziale del debito Iva, questo non può essere inferiore al valore di mercato dei beni su cui grava l’eventuale privilegio che assiste il tributo.
La previsione di un generale limite alla falcidia che possono subire i crediti erariali in sede di concordato prefallimentare e di accordi di risanamento è stata poi estesa a tutti i crediti per tributi, amministrati da Agenzie fiscali, muniti di privilegio: anche per tali crediti, infatti, non potrà essere previsto un pagamento inferiore al valore di mercato dei beni su cui grava il privilegio.
La nuova versione della transazione fiscale tende a garantire alle Agenzie fiscali di partecipare fattivamente alle procedure pre-concorsuali, stabilendo con certezza un limite minimo al di sotto del quale non può essere proposta la falcidia del credito erariale e quindi, in sintesi, un limite al di sotto del quale l’amministrazione finanziaria non può disporre dei tributi, anche armonizzati.
Allo stesso tempo, dall’articolo 182-ter della legge fallimentare in fase di approvazione scomparirebbe il riferimento al “consolidamento” dei contenziosi fiscali, in virtù del quale – per effetto della transazione fiscale – tutte le pretese erariali formavano oggetto di consolidamento, con conseguente cessazione della materia del contendere per tutte le liti tributarie in corso. Ciò potrebbe consentire di non includere tutte le pretese erariali nell’ambito della procedura di transazione fiscale, consentendo per alcune di esse la prosecuzione del giudizio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pietro Piccone Ferrarotti
Attraverso la transazione fiscale, le imprese che versano in uno stato di crisi possono presentare, unitamente alla domanda di concordato preventivo o nell’ambito di un piano di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare, una proposta indirizzata all’amministrazione finanziaria con la quale richiedono di essere ammesse ad un pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari.
Riformando l’istituto e aderendo alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza comunitaria, il Ddl prevede, in primo luogo, la possibilità di inserire tra i debiti per tributi oggetto della transazione fiscale, e quindi eventualmente soggetti a pagamento parziale, anche i debiti verso l’erario per l’Iva (facoltà non prevista nell’attuale versione dell’articolo 182-ter della legge fallimentare), per la quale viene perciò meno il principio dell’indisponibilità del credito tributario.
La Corte di giustizia con la sentenza del 7 aprile 2016, resa nella causa C-546/14 (sentenza Degano Traporti Sas), ha ritenuto che la disciplina italiana della transazione fiscale, nell’eventualità in cui comporti una soddisfazione parziale dei crediti erariali relativi all’Iva, non sia contraria ai principi comunitari che regolano il tributo se, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, emerge che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso del fallimento del debitore.
In tal senso, la giurisprudenza comunitaria aveva superato le posizioni della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sezioni I civile, sentenza, 25 giugno 2014, n. 14447) che, al contrario, avevano escluso la possibilità di falcidiare i crediti Iva nell’ambito di procedure pre-concorsuali o negoziali di natura prefallimentare.
Coerentemente a tali principi, il testo del Ddl di bilancio, introducendo la possibilità di inserire l’Iva tra i tributi oggetto di transazione fiscale, ha contestualmente previsto l’obbligo da parte del debitore di depositare, insieme con la proposta di concordato o nell’ambito delle trattative che precedono la conclusione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare, una relazione redatta da un professionista abilitato (revisore dei conti, commercialista eccetera) da cui risulti che la soddisfazione del credito erariale proposta dal debitore, nel caso in cui i crediti erariali abbiano natura privilegiata, non sia inferiore al valore di mercato dei beni gravati dal privilegio. In sintesi, quindi, pur essendo possibile prevedere il pagamento parziale del debito Iva, questo non può essere inferiore al valore di mercato dei beni su cui grava l’eventuale privilegio che assiste il tributo.
La previsione di un generale limite alla falcidia che possono subire i crediti erariali in sede di concordato prefallimentare e di accordi di risanamento è stata poi estesa a tutti i crediti per tributi, amministrati da Agenzie fiscali, muniti di privilegio: anche per tali crediti, infatti, non potrà essere previsto un pagamento inferiore al valore di mercato dei beni su cui grava il privilegio.
La nuova versione della transazione fiscale tende a garantire alle Agenzie fiscali di partecipare fattivamente alle procedure pre-concorsuali, stabilendo con certezza un limite minimo al di sotto del quale non può essere proposta la falcidia del credito erariale e quindi, in sintesi, un limite al di sotto del quale l’amministrazione finanziaria non può disporre dei tributi, anche armonizzati.
Allo stesso tempo, dall’articolo 182-ter della legge fallimentare in fase di approvazione scomparirebbe il riferimento al “consolidamento” dei contenziosi fiscali, in virtù del quale – per effetto della transazione fiscale – tutte le pretese erariali formavano oggetto di consolidamento, con conseguente cessazione della materia del contendere per tutte le liti tributarie in corso. Ciò potrebbe consentire di non includere tutte le pretese erariali nell’ambito della procedura di transazione fiscale, consentendo per alcune di esse la prosecuzione del giudizio.
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Pietro Piccone Ferrarotti