Composizione delle crisi. I giudici ampliano i confini dell’istituto in linea con i dettami UeIva e ritenute, sì allo stralcio nel sovraindebitamento
Vanno chiariti i profili reddituali per gli operatori economici
I giudici aumentano le chance di stralcio dei debiti con il Fisco. Gli aspetti tributari del sovraindebitamento sono oggi di particolare interesse, soprattutto perché dal punto di vista applicativo la giurisprudenza italiana – sulla scia degli indirizzi registrati in ambito Ue – inizia a riconoscere l’ampliamento dello stralcio anche ai fini dell’Iva e delle ritenute operate ma non versate (vale a dire dei tributi “armonizzati”), pur in assenza di un riconoscimento normativo.
La disciplina sul sovraindebitamento non prevede – come per le ipotesi dei soggetti fallibili – la possibilità di pagare parzialmente i debiti Iva e le ritenute operate e non versate, limitandosi a prevedere la sola dilazione (articolo 7, legge 3/2012) e stabilendo, invece, la falcidiabilità per tutti gli ulteriori debiti fiscali e non. Si tratta di una disparità normativa che non trova una coerente ragione giustificatrice nel sistema, laddove si consideri che tutte le procedure concorsuali, sia quelle per imprenditori o soggetti fallibili sia per soggetti non fallibili, presentano la medesima funzione della salvaguardia della par condicio creditorum nel rispetto dei principi dell’ordinamento.
In tal senso, in attesa di una più coerente previsione normativa che estenda anche alle ipotesi qui in esame la falcidiabilità dei debiti fiscali a titolo di Iva e di ritenute, la pronuncia del Tribunale di Pistoia (26 aprile 2017) applica in modo estensivo, e in linea con gli indirizzi europei, lo stralcio a tali debiti nelle procedure di sovraindebitamento (si veda Il Sole 24 Ore del 1° giugno). Ciò in base all’assunto che, a seguito dell’intervento della Corte di giustizia europea (causa C-546/14 e causa 493/15), una diversa interpretazione dell’articolo 7 della legge 3/2012 mal si concilierebbe con i principi comunitari ai quali la medesima norma fa esplicito richiamo e riferimento. La ratio della pronuncia risiede nella previsione della possibilità di avvalersi dello stralcio nel caso in cui la proposta del debitore sia migliorativa rispetto a quanto ricavabile da una eventuale liquidazione del patrimonio personale.
Inoltre, a questa rilevante agevolazione potrebbe aggiungersi il riconoscimento giuridico nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento del doppio termine di prescrizione delle cartelle di Equitalia (ordinanza 20213/2015 di Cassazione): in tale ipotesi, sarebbe previsto un periodo di soli cinque anni nel caso gli atti non siano definitivi (ad esempio nel caso di ruoli tardivamente consegnati all’esattore) oppure rispetto a talune categorie di tasse, oppure quando risulta spirato l’ordinario termine decennale.
Le opportunità operative per lo stralcio dei debiti fiscali sono quindi consistenti e iniziano ad avere un andamento giurisprudenziale consolidato. Esistono, tuttavia, alcune ombre in merito a taluni aspetti ricollegabili in particolare al sovraindebitamento per i soggetti economici. In particolare:
la rilevanza reddituale degli stralci dei debiti;
la tassazione delle eventuali plusvalenze per la cessione dei beni rientranti nell’accordo;
le modalità di gestione delle note di variazione Iva per il debitore assoggettato alla procedura in questione.
Rispetto ai primi due punti, il Tuir negli articoli di riferimento (88, comma 4, e 86, comma 5, del Dpr 917/86) non fa menzione delle procedure di sovraindebitamento, ma per ratio legis non si comprenderebbe la mancata inclusione dell’irrilevanza reddituale di questi due componenti positivi d’impresa per l’operatore/debitore.
Relativamente, invece, ai debiti in essere al momento dell’apertura della procedura, si discute sulle modalità applicative di quanto previsto all’articolo 26 del Dpr 633/72, cioè se sia dovuta o meno l’Iva esposta nella nota di variazione Iva per lo stralcio del debito. In base alla circolare 12/E del 13 aprile scorso (punto 13) – nella quale non vi è traccia dell’assimilazione del sovraindebitamento alle procedure fallimentari – si dovrebbe concludere per l’assoggettamento a Iva della nota di variazione ricevuta. Questa conclusione parrebbe confermata da un passaggio della richiamata circolare 19/E/2015, laddove – anche sulla base di quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione 22931 e 22932 del 2011) – viene sottolineato che «a prescindere dalla presenza o meno di una transazione fiscale, il credito Iva deve sempre essere pagato per intero».
In linea generale, la prassi dell’agenzia delle Entrate sull’istituto è particolarmente avara di indicazioni, fatta eccezione appunto per la circolare-quadro 19/E. Il che fa presagire che sarà la giurisprudenza di merito nazionale e comunitaria a tracciare i percorsi operativi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina a cura di
Stefano Mazzocchi
Santo Viotti
La disciplina sul sovraindebitamento non prevede – come per le ipotesi dei soggetti fallibili – la possibilità di pagare parzialmente i debiti Iva e le ritenute operate e non versate, limitandosi a prevedere la sola dilazione (articolo 7, legge 3/2012) e stabilendo, invece, la falcidiabilità per tutti gli ulteriori debiti fiscali e non. Si tratta di una disparità normativa che non trova una coerente ragione giustificatrice nel sistema, laddove si consideri che tutte le procedure concorsuali, sia quelle per imprenditori o soggetti fallibili sia per soggetti non fallibili, presentano la medesima funzione della salvaguardia della par condicio creditorum nel rispetto dei principi dell’ordinamento.
In tal senso, in attesa di una più coerente previsione normativa che estenda anche alle ipotesi qui in esame la falcidiabilità dei debiti fiscali a titolo di Iva e di ritenute, la pronuncia del Tribunale di Pistoia (26 aprile 2017) applica in modo estensivo, e in linea con gli indirizzi europei, lo stralcio a tali debiti nelle procedure di sovraindebitamento (si veda Il Sole 24 Ore del 1° giugno). Ciò in base all’assunto che, a seguito dell’intervento della Corte di giustizia europea (causa C-546/14 e causa 493/15), una diversa interpretazione dell’articolo 7 della legge 3/2012 mal si concilierebbe con i principi comunitari ai quali la medesima norma fa esplicito richiamo e riferimento. La ratio della pronuncia risiede nella previsione della possibilità di avvalersi dello stralcio nel caso in cui la proposta del debitore sia migliorativa rispetto a quanto ricavabile da una eventuale liquidazione del patrimonio personale.
Inoltre, a questa rilevante agevolazione potrebbe aggiungersi il riconoscimento giuridico nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento del doppio termine di prescrizione delle cartelle di Equitalia (ordinanza 20213/2015 di Cassazione): in tale ipotesi, sarebbe previsto un periodo di soli cinque anni nel caso gli atti non siano definitivi (ad esempio nel caso di ruoli tardivamente consegnati all’esattore) oppure rispetto a talune categorie di tasse, oppure quando risulta spirato l’ordinario termine decennale.
Le opportunità operative per lo stralcio dei debiti fiscali sono quindi consistenti e iniziano ad avere un andamento giurisprudenziale consolidato. Esistono, tuttavia, alcune ombre in merito a taluni aspetti ricollegabili in particolare al sovraindebitamento per i soggetti economici. In particolare:
la rilevanza reddituale degli stralci dei debiti;
la tassazione delle eventuali plusvalenze per la cessione dei beni rientranti nell’accordo;
le modalità di gestione delle note di variazione Iva per il debitore assoggettato alla procedura in questione.
Rispetto ai primi due punti, il Tuir negli articoli di riferimento (88, comma 4, e 86, comma 5, del Dpr 917/86) non fa menzione delle procedure di sovraindebitamento, ma per ratio legis non si comprenderebbe la mancata inclusione dell’irrilevanza reddituale di questi due componenti positivi d’impresa per l’operatore/debitore.
Relativamente, invece, ai debiti in essere al momento dell’apertura della procedura, si discute sulle modalità applicative di quanto previsto all’articolo 26 del Dpr 633/72, cioè se sia dovuta o meno l’Iva esposta nella nota di variazione Iva per lo stralcio del debito. In base alla circolare 12/E del 13 aprile scorso (punto 13) – nella quale non vi è traccia dell’assimilazione del sovraindebitamento alle procedure fallimentari – si dovrebbe concludere per l’assoggettamento a Iva della nota di variazione ricevuta. Questa conclusione parrebbe confermata da un passaggio della richiamata circolare 19/E/2015, laddove – anche sulla base di quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione 22931 e 22932 del 2011) – viene sottolineato che «a prescindere dalla presenza o meno di una transazione fiscale, il credito Iva deve sempre essere pagato per intero».
In linea generale, la prassi dell’agenzia delle Entrate sull’istituto è particolarmente avara di indicazioni, fatta eccezione appunto per la circolare-quadro 19/E. Il che fa presagire che sarà la giurisprudenza di merito nazionale e comunitaria a tracciare i percorsi operativi.
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Stefano Mazzocchi
Santo Viotti