( il sole 24 ore del 30/11/2018)
In caso di concordato con continuità aziendale non va versata l’Iva indicata
Confermata la non debenza dell’imposta indicata nelle note di variazione anche in caso di concordato con continuità aziendale.
Con la risposta 54 di ieri, infatti, l’agenzia delle Entrate ha confermato che, anche nelle ipotesi di concordato con continuità aziendale, le note di variazione emesse dai creditori per recuperare l’Iva relativa al credito oggetto di falcidia vanno registrate nei registri Iva senza che tale adempimento determini un obbligo di versamento dell’imposta in capo al soggetto concordatario.
Il quesito posto all’agenzia delle Entrate riguardava il caso di un concordato in continuità aziendale in cui i creditori privilegiati venivano soddisfatti integralmente, mentre i creditori chirografari venivano pagati solo in parte. A causa della falcidia concordataria, alla chiusura del concordato i creditori rimasti insoddisfatti emettevano note di variazione in base all’articolo 26 del decreto Iva, per recuperare l’Iva relativa alla parte di credito falcidiata. Ebbene, l’agenzia delle Entrate, conformemente a quanto già chiarito nei documenti di prassi precedenti, in particolare riguardanti la fattispecie del fallimento, ha ribadito che la società in concordato, dopo aver ricevuto le note di variazione Iva relative ai debiti chirografari oggetto di falcidia, è obbligata ad annotarle nei registri Iva, ma non anche a versare all’Erario l’Iva oggetto di rettifica.
Detta interpretazione deriva dal fatto che, essendo la nota di variazione relativa a un debito sorto prima dell’avvio della procedura concorsuale, la sua registrazione non comporta, per il debitore concordatario, l’obbligo di rispondere verso l’Erario di un debito sul quale si sono già prodotti gli effetti estintivi del concordato. Se non si interpretasse in questo modo, si avrebbe una deroga all’efficacia liberatoria della procedura, non giustificata con riguardo alle norme che dispongono l’estinzione di ogni debito sorto anteriormente all’avvio della procedura.
Peraltro, l’agenzia delle Entrate, richiamano la normativa domestica e quella unionale, sottolinea che il citato articolo 26 del decreto Iva, qualifica le procedure concorsuali come una causa del «mancato pagamento in tutto o in parte» del prezzo convenuto e l’articolo 185 della direttiva 2006/112/CE dispone una deroga all’obbligo di rettifica della detrazione in caso di variazione dell’imposta proprio nelle ipotesi di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate».
L’applicabilità di detti principi alle ipotesi di concordato preventivo è stata recentemente ribadita anche dalla Corte di giustizia Ue che, con la sentenza del 22 febbraio 2018, relativa alla causa C-396/16, ha confermato che la rettifica della detrazione dell’Iva operata all’atto dell’acquisto, non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate. Ciò in quanto, dichiara la Corte, uno Stato membro non è tenuto a prevedere espressamente un obbligo di rettifica delle detrazioni in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate. Ebbene, l’articolo 26 del decreto Iva, qualificando le procedure concorsuali come causa del mancato pagamento in tutto o in parte del prezzo convenuto, riconosce il diritto in capo al debitore concordatario al mantenimento della detrazione dell’Iva conseguente all’operazione originaria, senza dover provvedere al versamento dell’imposta oggetto di rettifica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Simona Ficola
Benedetto Santacroce
Con la risposta 54 di ieri, infatti, l’agenzia delle Entrate ha confermato che, anche nelle ipotesi di concordato con continuità aziendale, le note di variazione emesse dai creditori per recuperare l’Iva relativa al credito oggetto di falcidia vanno registrate nei registri Iva senza che tale adempimento determini un obbligo di versamento dell’imposta in capo al soggetto concordatario.
Il quesito posto all’agenzia delle Entrate riguardava il caso di un concordato in continuità aziendale in cui i creditori privilegiati venivano soddisfatti integralmente, mentre i creditori chirografari venivano pagati solo in parte. A causa della falcidia concordataria, alla chiusura del concordato i creditori rimasti insoddisfatti emettevano note di variazione in base all’articolo 26 del decreto Iva, per recuperare l’Iva relativa alla parte di credito falcidiata. Ebbene, l’agenzia delle Entrate, conformemente a quanto già chiarito nei documenti di prassi precedenti, in particolare riguardanti la fattispecie del fallimento, ha ribadito che la società in concordato, dopo aver ricevuto le note di variazione Iva relative ai debiti chirografari oggetto di falcidia, è obbligata ad annotarle nei registri Iva, ma non anche a versare all’Erario l’Iva oggetto di rettifica.
Detta interpretazione deriva dal fatto che, essendo la nota di variazione relativa a un debito sorto prima dell’avvio della procedura concorsuale, la sua registrazione non comporta, per il debitore concordatario, l’obbligo di rispondere verso l’Erario di un debito sul quale si sono già prodotti gli effetti estintivi del concordato. Se non si interpretasse in questo modo, si avrebbe una deroga all’efficacia liberatoria della procedura, non giustificata con riguardo alle norme che dispongono l’estinzione di ogni debito sorto anteriormente all’avvio della procedura.
Peraltro, l’agenzia delle Entrate, richiamano la normativa domestica e quella unionale, sottolinea che il citato articolo 26 del decreto Iva, qualifica le procedure concorsuali come una causa del «mancato pagamento in tutto o in parte» del prezzo convenuto e l’articolo 185 della direttiva 2006/112/CE dispone una deroga all’obbligo di rettifica della detrazione in caso di variazione dell’imposta proprio nelle ipotesi di «operazioni totalmente o parzialmente non pagate».
L’applicabilità di detti principi alle ipotesi di concordato preventivo è stata recentemente ribadita anche dalla Corte di giustizia Ue che, con la sentenza del 22 febbraio 2018, relativa alla causa C-396/16, ha confermato che la rettifica della detrazione dell’Iva operata all’atto dell’acquisto, non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate. Ciò in quanto, dichiara la Corte, uno Stato membro non è tenuto a prevedere espressamente un obbligo di rettifica delle detrazioni in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate. Ebbene, l’articolo 26 del decreto Iva, qualificando le procedure concorsuali come causa del mancato pagamento in tutto o in parte del prezzo convenuto, riconosce il diritto in capo al debitore concordatario al mantenimento della detrazione dell’Iva conseguente all’operazione originaria, senza dover provvedere al versamento dell’imposta oggetto di rettifica.
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Simona Ficola
Benedetto Santacroce